martedì 5 giugno 2012





Rivedo sempre con piacere questo capolavoro di fotografia e recitazione (ieri sera su RAI 3).

mercoledì 29 febbraio 2012

Canzone d'amore


Ho sbagliato tante volte ormai che lo so già
che oggi quasi certamente sto sbagliando su di te,
ma una volta in più che cosa può cambiare nella vita mia.
Accettare questo strano appuntamento è stata una pazzia,
sono triste tra la gente che mi sta passando accanto.
Ma la nostalgia di rivedere te è forte più del pianto,
questo sole accende sul mio volto un segno di speranza.
Sto aspettando quando ad un tratto ti vedrò spuntare in lontananza:
amore, fai presto, io non resisto, se tu non arrivi non esisto, non esisto, non esisto.
È cambiato il tempo e sta piovendo, ma resto ad aspettare,
non m'importa cosa il mondo può pensare, io non me ne voglio andare.
Io mi guardo dentro e mi domando, ma non sento niente,
sono solo un resto di speranza perduta tra la gente.
Amore è già tardi e non resisto, se tu non arrivi non esisto, non esisto, non esisto.
Luci, macchine, vetrine, strade tutto quanto si confonde nella mente,
La mia ombra si è stancata di seguirmi il giorno muore lentamente.
Non mi resta che tornare a casa mia, alla mia triste vita.
Questa vita che volevo dare a te l'hai sbriciolata tra le dita.
Amore perdono ma non resisto, adesso per sempre non esisto, non esisto, non esisto.

martedì 28 febbraio 2012

Scene dalla vita.

Un piccolo esperimento letterario autobiografico.
Su indicazione di Damiano Giacomelli, uno dei responsabili delle Officine Mattòli di Tolentino, al momento l'unica Scuola di Cinema delle marche presso la cui sede sto svolgendo un corso di filmaking e regia, ho buttato giù alcune "scene" tratte dai miei ricordi. Queste serviranno a Damiano per conoscermi meglio e così ho pensato che lo stesso potranno fare coloro che già mi conoscono in rete oppure coloro che passeranno qui per caso.


L’aria è tiepida a maggio e la bicicletta corre piano lungo la strada che costeggia i campi. Mi guardo intorno, attento, mentre papà mi descrive quello che i nostri occhi guardano in quel momento. I miei occhi sono sempre sgranati davanti alle meraviglie che sfilano davanti a me. Guardo davanti e poi in basso. La bicicletta corre al centro della carreggiata e la striscia intermittente che la divide in due cattura la mia attenzione, dandomi il senso della velocità. (Avevo circa cinque anni ed ero seduto in un piccolo seggiolino fissato al manubrio della bicicletta di papà).
                                                                                                         


Papà nuota poco lontano da me, un po’ più a largo. Ogni tanto si ferma e si volta verso di me e mi invita a lanciargli la piccola nave in plastica con cui sto giocando. Lui la raggiunge a nuoto e poi me la rilancia. Il tiro non è molto preciso e per afferrarla mi sporgo di lato, perdendo l’equilibrio. Affondo nell’acqua. Non so nuotare e vado giù di sasso. Mi manca il respiro. Non sento più nulla. L’acque comincia a entrarmi in gola. La mano di papà mi afferra per i capelli e mi tira fuori con un doloroso strattone. Mi abbraccia e cerca di consolarmi, mentre mi abbandono ad un pianto disperato, tossendo e sputando l’acqua.
                                                                                                         


Papà sta leggendo un libro su di una panchina nel parco di Parma. E’ molto caldo e il sole è alto a luglio. Tutto intorno è un gracidare di cicale e l’aria è immobile. Sto pedalando con forza sul triciclo e il movimento d’aria sul viso mi fa piacere. Chiudo gli occhi e non vedo un piccola buca sull’asfalto del vialetto. Il triciclo si impunta e si rovescia di lato. Cado e mi sbuccio un ginocchio. Vedo il sangue rosso sgorgare e scoppio a piangere mentre papà accorre subito e con un fazzoletto mi tampona la ferita cercando di consolarmi. Ma continuo a piangere ancora per un po’.
                                                                                                         

Aprile ed è già caldo a Civitanova. Con papà sto passeggiando sul lungomare che dal fosso Castellaro va verso nord. In quel tratto ci sono diversi cantieri che costruiscono barche da pesca e da diporto. Passando accanto ai capannoni, sento le seghe a circolari che stanno tagliando grossi tronchi di legno. Mi arriva forte alle narici il profumo del legno appena tagliato. Chiaro, netto, inconfondibile (E’un odore che ancora ricordo e che non ho mai più avuto il piacere di sentire con quella stessa intensità).
                                                                                                         

Mi piace quando papà accelera in prossimità del dosso: quando ci passiamo sopra sembra di stare sopra l’otto volante! Mamma fa finta di essere divertita, ma in realtà è un po’ preoccupata. L’auto sfila veloce lungo la strada e poco più avanti, nel tragitto tra Mensa Matellica e Cervia, ecco che i miei occhi di bambino incontrano le montagne di sale accumulate ai margini delle  antiche saline. E’ un paesaggio surreale per me quella distesa  d’acqua bassa dove staziona in permanenza una moltitudine di gabbiani a 10 chilometri dal mare.
                                                                                                         

Siamo tutti raccolti attorno al professore di musica. Cinque in tutto. Il solfeggio è la parte della lezione che non riesco a sopportare, mentre l’esercitazione con la chitarra è quella che più mi piace. Il professore intona il motivetto con l’organo e noi gli andiamo dietro con gli accordi. E’ stata mamma a iscrivermi a questa scuola privata perché il maestro Latini è una vecchia conoscenza di papà quando lui insegnava a Potenza Picena. Il prossimo anno farò la terza media e già penso che per il diploma chiederò ai miei genitori di comprarmi una chitarra elettrica.
                                                                                                         

E’ sempre un problema trovare un posto dove provare. A casa mia non possiamo più perché nel condominio si sono lamentati. Eppure noi possiamo trovarci solo la sera dopo cena. E così andiamo peregrinando a destra e a sinistra per trovare un buco. Ma questa sera non abbiamo trovato nulla di meglio che le scalette a ridosso di uno degli edifici del Lido Cluana. Siamo all’aperto, ma in giro non c’è quasi nessuno e così, forse, possiamo provare in pace qualcuno dei nostri pezzi. E’ febbraio e fa un freddo cane, A malapena riesco a muovere le dita sulla chitarra e la voce è strozzata dall’aria gelida. Suoniamo solo una ventina di minuti e poi smettiamo anche perché qualche passante, incuriosito, si è avvicinato per vedere chi è quella manica di svitati che di notte e con quel freddo sta suonando canzoni cilene e peruviane.
                                                                                                         

Finalmente il giorno è arrivato. Parto per Merano! In treno e da solo, per la prima volta. E’ un viaggio che d’estate ho fatto molte volte, ma sempre accompagnando mamma e nonna. Ma quest’anno mamma ha deciso di mandarmi avanti da solo, lei ha da fare ancora con la scuola ed io il prossimo anno farò la Maturità. Mi è sempre piaciuto andare a Merano da nonna Maria e quest’anno ho un motivo in più per essere contento. Mi sembra un anticipo di quella maggiore età che sto sognando da tempo. Salgo sul treno, ma poi debbo scendere ad Ancona per prendere l’altro treno che mi condurrà fino a Bolzano. Da qui un altro treno mi porterà fino a Merano. Alla stazione di Ancona ho da aspettare quasi un’ora e così ne approfitto per raggiungere un’edicola appena fuori della stazione, dall’altra parte della strada, per cercare qualche romanzo della serie Urania (fantascienza). Sono più che fortunato perché l’edicolante ne ha una ventina che non ho mai letto. Li compro tutti e appena salito sul diretto per Bolzano mi metto subito e leggere.
                                                                                                         

Anche oggi mi ritrovo a fare l’apertura in radio. Il fatto che sia disoccupato, dopo il diploma, mi consente di godere di una certa libertà. I miei genitori mi hanno tacitamente concesso una specie di anno sabatico in cui dar sfogo alla mia passione per le radio libere. Sto vivendo una stagione importante della mia vita. Sento che forse non ne trarrò nulla di costruttivo, come lavoro, ma sicuramente quando riuscirò a trovare un lavoro questo tempo che sto vivendo sarà stato importante. Do un’occhiata al calendario: 9 maggio 1978. Comincio a mandare dischi leggendo e commentando, tra una canzone e l’altra, le notizie sulle pagine locali dei quotidiani. All’improvviso suona il telefono: è Nazzareno che mi dice con voce grave che è appena passata la notizia sul giornale radio RAI che è stato ritrovato in un’automobile il cadavere di Aldo Moro. Mi dice di sospendere la programmazione, di dare la notizia e di trasmettere solo musica classica. Frastornato, chiudo il telefono e faccio come ha detto.
                                                                                                         

Sto guardando per l’ennesima volta “Caccia ad Ottobre Rosso” in televisione. La cucina si è raffreddata: i termosifoni si sono spenti alcune ore fa, ma, un po’ per il panettone che sto mangiucchiando, un po’ per i vestiti pesanti, non me ne rendo conto. D’un tratto suona il cordless che ho sul tavolo. Guardo l’ora. E’ passata da poco l’una. Rispondo presagendo il peggio. E’ l’ospedale, una voce femminile dal tono basso ed insolitamente  calma, mi dice di correre subito perché papà sta avendo un’altra crisi e temono il peggio. Di corsa vado a svegliare mamma  che è  andata a dormire da quasi un’ora. Lentamente si riveste ed usciamo nella notte gelida di gennaio. La mia macchina è parcheggiata vicino al portone. Mi avvio, mormorando in silenzio qualche preghiera. Mentre mamma si aggrappa alla speranza che anche questa volta papà ce l’avrebbe fatta, io so, seppur inconsciamente, che non lo troveremo in vita.
                                                                                                         

Alzo lo sguardo verso il piccolo neon blu che illumina fiocamente la stanza dell’ospedale. Le donne nei quattro letti della stanza dormono, come la badante accanto al letto vicino alla finestra. Sulla poltroncina ai piedi del letto di mamma mi copro meglio con la copertina per quella prima notte di veglia. Mamma dorme, o almeno sembra assopita. Ogni tanto la guardo con rassegnazione. Apro il cellulare e comincio a scrivere un sms a mia zia Lidia, la sorella di mamma. Loro non si parlano da un po’ di tempo per delle motivazioni che io, francamente, non capisco tanto sono banali. Qualcosa in me mi dice che questa notte è l’ultima che passo insieme a mamma, ma l’irrazionale desiderio di sbagliarmi riesce a tenermi lucido mentre scrivo quel lunghissimo sms, cercando di far capire a mia zia che è venuto il tempo di una loro riconciliazione. Chiudo il telefono. La mia mente vaga nei ricordi di una vita, cercando di soffermarmi sui momenti più belli trascorsi insieme. Il tempo sta passando, ma a volte mi sembra che sia immobile. Penso e prego e i pensieri e le preghiere si confondono in un unico fluire. Le prime luci del nuovo giorno filtrano dalla finestra. Non voglio che questa notte finisca. Una parte di me sa che è tutto quello che mi rimarrà di mamma.

lunedì 20 febbraio 2012

Officine Mattòli


Sabato scorso è cominciata la mia nuova avventura, un corso di filmaking. Dopo aver tanto cercato qualcosa del genere in Italia nel corso degli ultimi mesi, finalmente si è materializzata un'occasione per merito di uno spot radiofonico ascoltato distrattamente in auto.

E' proprio vero che a volte si cerca lontano quello che si ha vicino: Tolentino, sede delle officine Mattòli, è a mezz'ora di superstrada da Civitanova Marche.

Sono tre i corsi che hanno preso il via: filmaking, appunto, sceneggiatura e recitazione cinematografica. Mi impegnerà quasi tutti i fine settimana fino a maggio e al termine ci sarà la presentazione di un corto di fine corso che, se sarà scelto, verrà poi prodotto in un periodo successivo.

Per la verità ho da tempo un po' di materiale che stavo raccogliendo per la stesura di un articolo e, dato che questo corto dovrà avere una forte connotazione col territorio, questa mia ricerca, iniziata e poi sospesa, può essere molto importante per la creazione di un soggetto.


lunedì 30 gennaio 2012

Once Upon A Time in The Splinder.....



Splinder è stata una piattaforma blog sviluppata in lingua italiana a partire dal 2001 dalla società Tipic Inc, dal 2006 facente parte del Gruppo Dada, e ufficialmente chiusa il 31 Gennaio 2012.

Nel 2003, Tipic Inc creò una versione del servizio per il mondo anglosassone, detta Motime, con scarso successo. L' annuncio della futura dismissione del sito è stata data il 21 novembre 2011.

lunedì 23 gennaio 2012

Benvenuti al Nord



Storia sotto tono rispetto al precedente film della serie. Stesso cast di attori e personaggi ch questa volta non riescono a rendere quell'allegra ironia. Se ne può fare a meno........


The Artist


Uno dei più bei film che abbia mai visto in una sala cinematografica.
Un po' lento nella prima parte, quella che descrive l'Attore all'apice del suo successo. La storia si anima di più quando comincia il suo declino a causa del suo orgoglio che gli impedisce di capire che il cinema muto non aveva più senso di esistere per l'avvento del sonoro. Dopo molte peripezie  e grazie all'amore e alla testardaggine della protagonista femminile, riesce a superare il suo limite e l'Artista segue l'Attrice nella nuova avventura del cinema sonoro.

venerdì 20 gennaio 2012

Le navi


Vanno e vengono
le navi della mia vita.
A volte attraccano
ai porti di ogni dove.
A volte non si fermano
ma vanno, vanno e non vengono.
Tra un'onda e l'altra
i sogni si aggiungono,
le certezze svaniscono
fino a che tutto non finirà.



martedì 17 gennaio 2012

I sogni muoiono all'alba.






Il suono ritmato del cellulare mi scuote dal torpore. Istintivamente allungo la mano per spegnere la sveglia impostata sulle 6.30. Sposto la gamba, cercando con il mio piede il suo piede, sperando d'incontrarlo. Almeno questa volta....

Pazienza! Sarà per un'altra volta. D'altronde ci sono abituata e non ci soffro più. Mi alzo e mi guardo intorno. Un'altra stanza d'albergo come tante altre. Il mio corpo nudo si riflette nello specchio di fronte al letto e i miei capelli, rossi, corti, sembrano incorniciare un volto che non m'appartiene. Vorrei non essere lì e quante volte l'ho pensato, rivivendo sempre questa spiacevole sensazione. Ma ogni volta ci casco, pensando che, forse, quella potrebbe essere la volta buona, quella in cui, per caso, avrei incontrato un uomo che non fosse come gli altri, un uomo che non si fosse nascosto dietro una maschera, un uomo che, sin dal principio, si fosse mostrato come è e non come io volevo che fosse.

Basta pensare. basta piangere, anche se gli occhi si stanno riempiendo di lacrime, come sempre.

E' ora di andare, di rimettere la mia maschera appoggiata sul comodino, accanto al cellulare.

Toh! c'è un messaggio per me: "Cara, questa notte è stata indimenticabile! Mai ho incontrato una donna come te: fantastica, ecco cosa sei! Chiamami presto e ti farò vedere ancora il paradiso!!!"

Quasi quasi lo chiamo.

Più tardi, forse.

Forse domani, quando questo buco che sento dentro si sarà riempito. . . . . . . . . . .


"Pronto! Ciao, sono io, scusa se non ti ho chiamato prima, ma sai, te ne sei andato prima che mi svegliassi e ci sono rimasta molto male... Si, me lo avevi detto che saresti dovuto scappare per via del tuo lavoro, ma ci sono rimasta male lo stesso... Quando ci vediamo? Ma..... non so..... sei sempre così impegnato e ....... Stasera??? Ma certo!!! Sono felice! Ma dove? Al solito ristorante? Certo che verrò, non vedo l'ora di passare un'altra notte con te!!!"

Aveva ragione lui quando, l'altra volta, mi diceva che dopo di quella notte non avrei più potuto fare a meno di lui. Aveva proprio ragione e questa notte saprò dimostrarglielo.
Debbo solo trovare una borsa un po' più grande: questa Smith&Wesson è pesante e non vorrei che si insospettisse .........

lunedì 16 gennaio 2012

La Talpa


Ho visto ieri sera questo film di cui si è tanto scritto. L'aspettativa, quindi, era comprensibilmente alta e non vorrei che sia stata questa a farmi esprimere un giudizio sostanzialmente negativo. Non sulla storia che, seppur non avendola letta nel romanzo originale, è d'indubbio interesse.

Quello che non condivido è il montaggio che, a parer mio, penalizza una bella trasposizione filmica, molto british, che strizza di frequente l'occhio al bianco e nero. E' un thriller psicologico, in cui l'azione è relegata ad un ruolo molto secondario. Probabilmente la sceneggiatura è stata scritta pensando ad un film in bianco e nero che, se così fosse stato, avrebbe avuto senza dubbio un impatto diverso, facendosi in parte perdonare un montaggio che poteva andar bene per tutt'altro genere di film, ma non per questo.

mercoledì 11 gennaio 2012


Un giro notturno in auto per le vie e le strade della mia cittadina con la telecamera fissata sul tetto della mia Honda CRV.

mercoledì 4 gennaio 2012

Cecilia


“Stefano!”

Dall’alto dei suoi due metri, l’uomo che la precede sulla rampa mobile si volta lentamente ed ancor prima di incrociare il suo sguardo pronuncia un “Bitte?” nel tipico accento bavarese. In una frazione di secondo Cecilia passa dallo stupore per aver ritrovato un suo vecchio amore, allo sconcerto per aver fatto la sua ennesima gaffe.
“Mi scusi tanto, ma pensavo che fosse un’altra persona!” Si affretta a rispondere Cecilia.
In un italiano sorprendentemente corretto, l’uomo, più divertito che seccato, replica:
“Non si preoccupi, signorina, mi capita spesso di essere riconosciuto da persone a me  sconosciute!” Cecilia si scopre ad osservare il suo viso come se avesse visto un uomo alto e biondo per la prima volta in vita sua. Ed in effetti era la prima volta che si trovava al cospetto di un gigante. E di un bell’esemplare, per giunta!
Tendendole la mano l’uomo si presenta: “Permette? Mi chiamo Joseph e sono tedesco, come avrà certamente capito. Posso sapere chi si nasconde dietro questo sguardo così enigmatico?” In effetti Cecilia sta ancora cercando di capire se quell’uomo lo attrae per solo per il suo aspetto o anche perché le ricorda molto il “suo” Stefano. Scuotendosi dalle sue analisi, Cecilia si affretta a rispondere: “Mi scusi…..Mi chiamo Cecilia e sono una ricercatrice universitaria”
E cosa ricerca di bello, Cecilia?” La incalza il suo interlocutore, sempre più divertito.
“Mi occupo dei rapporti tra cibernetica e antropologia”
“Ach!” L’uomo è sinceramente sorpreso e Cecilia se ne accorge perché ha inarcato le sopracciglia nel pronunciare quel monosillabo. “Dev’essere sicuramente uno studio molto stimolante” Replica Joseph. “Joseph?” Cecilia si stupisce che, mentalmente, è già passata ad una maggiore confidenza con quell’uomo che non conosce ancora, ma che stranamente la incuriosisce e non solo perché una parte di lei, ora, vorrebbe essere con lui in un posto molto più appartato. Con un certo sforzo Cecilia recupera il suo raziocinio appena in tempo per rispondere “Beh, come ogni lavoro ha i suoi alti e bassi, ma debbo ammettere che non avrei potuto trovare di meglio, almeno per ora”.
L’uomo sorride con un leggero ammiccamento e poi si allontana rapidamente, perdendosi tra la folla del grande centro commerciale.
Cecilia rimane lì, interdetta per quell’improvvisa ed inaspettata conclusione di un incontro che poteva preludere ad una situazione veramente eccitante. Ma non era andata così, sicuramente perché lei si era dimostrata troppo insicura. Pazienza, sarà per un’altra volta.


“Cecilia!! Cecilia!! CECILIA!”

La voce di Maddalena le fa fare quasi un salto nel letto. Era stato solo un sogno! Si volta verso Maddalena che la sta osservando con quel suo ghigno divertito.
“Chi era questa volta, eh? Un acrobata di un circo, oppure un manager dell’alta finanza?” Cecilia non risponde, tanto sa che Maddalena avrebbe continuato a sfotterla per almeno altri dieci minuti se solo avesse osato raccontarle il sogno. Meglio passare alle contromisure. Di slancio si volta e bacia con passione Maddalena che, presa di sprovvista, stenta un  attimo prima di lasciarsi coinvolgere.
A fatica Cecilia si ritrae e guarda la sveglia sul comodino. “Accidenti quant’è tardi! Me lo potevi dire subito che ora era!” Ma Maddalena si è già infilata nel box doccia e a Cecilia non resta vestirsi per andare al lavoro.

martedì 3 gennaio 2012





Oggi è il sesto anniversario della morte di papà. E il tempo piovigginoso sembra in tono con la ricorrenza.
Un po' di melanconia sgocciola sui ricordi di allora, come le gocce di pioggia che, stanche e svolgliate, si staccano dal cielo e vengono giù.
Sono passati sei anni, ma sembrano molti di più, per un verso, e pochissimi da un altro, quasi l'altro ieri .
Sabato scorso, l'ultimo dell'anno, sono andato al cimitero per rinnovare i fiori sulla tomba di mamma e papà.  Sono insieme, come nella foto, sorridenti, che ho messo sulla pietra.

lunedì 2 gennaio 2012